IO NON VEDO I COLORI
- bousso benussi thioune
- 14 nov 2020
- Tempo di lettura: 4 min
Ogni volta che qualcuno mi dice questa frase ho voglia di gridare: una parte di me muore.
Ho cercato di trovare un modo semplice per spiegarlo ma la verità è che non c'è un modo semplice di raccontare cosa significa sentirsi dire che quello che ti caratterizza non esiste.
La prima cosa che il resto del mondo vede in te e che quindi accompagna ogni tua esperienza, ogni tuo trauma, ogni tua gioia, che definisce la tua vita; non è riconosciuta.

Trovo questa frase ipocrita.
Chiunque può dire che la persona che si trova davanti è bionda, alta, bassa ha gli occhi azzurri i capelli ricci allora perché negarlo: è lo stesso per nera , Asiatica , araba ,Latina, interetnica, e si signore.i; anche bianca.
Sembra una risposta innocente. Un'affermazione accompagnata dall'espressione soddisfatta del mio interlocutore: io sono superiore a queste cose, non giudico nessuno per il colore della sua pelle, non mi riguarda.

Ma è proprio questo il punto. Non ti riguarda.
Perché, diciamoci la verità, la maggior parte delle persone che si permettono di pronunciare queste parole sono persone che non vivono ogni giorno la realtà di essere per l'appunto uno di quei “colori”.
È una frase profondamente razzista.
Si, razzista avete capito bene.
Ed è arrivato il momento di capirlo che il razzismo non è sempre violento o assassino.
Spesso è quotidiano e meschino.
Sono le piccole cose che prendono spazio.
Dalla mattina alla sera , dal momento in cui esco da casa mia al momento in cui torno e a volte anche tra le mie stesse mura io sono una donna nera.
Questo significa molte cose ma soprattutto che anche se volessi negare il colore della mia pelle non mi sarebbe permesso.
Non esiste momento in cui io smetto di essere il mio colore per un semplice motivo: tutti quelli che mi stanno attorno lo vedono chiaramente, posso assicurarvelo!
Dire che non vedete colori e che per voi siamo tutti uguali vuol dire cancellare tutto ciò che succede nella mia giornata e che è legato al fatto di essere nera.
La mattina quando entro nella scuola in cui insegno i professori che non mi conoscono mi scambiano per la donna delle pulizie o per una allieva ripetente.
Imbarazzati, quando capiscono che sono lì in quanto loro pari e che come loro ho delle conoscenze da trasmettere e le competenze per farlo; mi dicono “è che sembri così giovane!”.
Ho trent'anni e colleghi più giovani di me non si sono mai dovuti giustificare della loro presenza.

Quando prendo la metro o i trasporti in comune e un controllore sale, tutti si aspettano che sia senza biglietto perché si sa; le minoranze vanno a manina con la criminalità.
Quando sono ben vestita e truccata e voglio entrare in un ristorante delle rinomate strade parigine c'è sempre un momento di sorpresa o di scetticismo da parte della persona alla porta che sembra chiedersi come io possa permettermi di entrare in questo posto riservato alle persone più privilegiate (e quindi va da sé non ad una donna nera).
Quando mi sento ferita dalla parola “negro” che ancora viene utilizzata - e di fronte a me a volte - le persone mi dicono “oh scusa non l’ho fatto apposta” oppure “oh ma dico per scherzare” senza rendersi conto che per me, quella parola è simbolo di trauma, violenza, dolore.
Quando cammino per strada con i miei capelli liberi da treccine che mi coronano il viso so che qualcuno proverà a toccarli o avrà un commento apparentemente gentile su “il meraviglioso disordine che va bene solo a voi”.
Perché evidentemente non sono UNA donna nera ma le rappresenta tutte.
E non credo ci sia bisogno di commentare il resto della frase e il contenuto altamente dispregiativo.

Questi sono solo alcuni esempi di micro aggressioni quotidiane, la lista potrebbe andare avanti senza fermarsi perché ogni giorno ne colleziona una nuova, un aspetto di me che ancora non avevo immaginato o al quale non avevo pensato con negatività ma che le persone attorno a me non si fanno pregare per tirar fuori.
E' un privilegio poter dire come se niente fosse di non vedere tutto questo.
Un privilegio vivere la propria vita senza chiedersi se alcune cose vi sono inaccessibili a causa della quantità di melanina presente nel vostro corpo.
Per quanto le nostre intenzioni siano buone tutto ciò che questa frase veicola è una volontà di distaccarsi dalla responsabilità delle proprie azioni.
Non voler vedere il colore della persona che è di fronte a noi non cancella la storia che questa immagine porta con sé, e il giudizio che volontariamente o inconsciamente porterete su di essa.
Dirmi che non mi vedete come una donna nera equivale a dire che non mi vedete e basta.
Vuol dire che qualsiasi gesto parola o azione avrete in mia presenza non terrà conto di chi sono io, di quello che posso provare o rifiutare da parte vostra.
Aprite gli occhi. Guardate e accettate.
Vedetemi.
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